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Carbon footprint e industria della moda: lo stile fa spazio al green

Carbon footprint e industria della moda: lo stile fa spazio al green

09/06/2020

Ottimizzare l’impatto ambientale dell’industria della moda con la carbon footprint product.


L’industria della moda è tra le più inquinanti al mondo ed oggi più che mai bisogna agire per il bene dell’ambiente, offrendo prodotti fashion, ma sostenibili. Vediamo come incentivare la crescita del proprio business nel rispetto dell’ambiente con la carbon footprint di prodotto.


Sostenibilità e impegno ambientale: un dovere per le imprese, un valore per i consumatori


Le risorse del nostro pianeta sono uniche e preziose. È la dura lezione che l’ambiente sta dando a tutti noi, mostrandoci quanto processi ed azioni non sostenibili possano influenzare i cambiamenti climatici e la nostra stessa vita.

Così come l’uomo è chiamato a considerare l’ambiente in cui opera, allo stesso modo le imprese sono invitate ad offrire prodotti sostenibili, frutto di processi a basso impatto ambientale.


La sostenibilità costa, ma conta; perché i consumatori sono diventati più consapevoli e preferiscono talvolta prodotti più costosi purché sostenibili. Chi sceglie di analizzare l’impatto ambientale dei processi di lavorazione, mira ad ottimizzare le proprie performance ambientali ed economiche.  È l’impegno che si traduce in guadagno.


Industria della moda: not only cool


L’industria della moda è una delle più inquinanti al mondo. Si tratta di un settore che fa un uso intensivo di risorse naturali e che ruota intorno al concetto delle tendenze e dunque generatore di rifiuti. Un prodotto può essere in voga oggi ed abbandonare la scena a distanza di pochi mesi; per questo motivo l’industria della moda è più incline e soggetta alla produzione di beni che hanno un ciclo di vita molto breve, provocando sprechi di risorse e un accumulo di rifiuti spesso non biodegradabili.


Per sopravvivere, oggi un’azienda deve essere in grado di offrire prodotti fashion e allo stesso tempo sostenibili. Ecco perché molte imprese hanno cominciato a modificare i propri processi produttivi, ottimizzando tutte le fasi di lavorazione, facendo attenzione a fattori importanti come: il consumo di energia, le emissioni di gas nocivi, il grado di biodegradabilità/riciclabilità dei beni a fine vita, il costo ambientale della logistica.


Offrire accessori, calzature e capi di abbigliamento sostenibili significa poter garantire circa la loro provenienza e produzione. È tempo di fare spazio all’impiego di materie prime biologiche, di monitorare le performance ambientali dei prodotti offerti e di mettere a disposizione di stakeholder e clienti informazioni dettagliate.


L’impegno ambientale dei big player del settore: tra fashion pact e approcci virtuosi


In agosto 2019 è stato siglato il Fashion Pact, accordo internazionale fortemente voluto dal presidente francese Macron che unisce 32 aziende internazionali appartenenti al settore lusso, fast fashion, tessile e distribuzione.


L’accordo nasce in difesa dell’ambiente al fine di raggiungere obiettivi diversi che ruotano intorno a tre macro temi:


  • Contrastare il riscaldamento globale attraverso un piano per azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050;
  • Ripristinare la biodiversità tramite precise linee guida volte alla ricostruzione degli ecosistemi naturali e alla protezione delle specie animali;
  • Difendere gli oceani attraverso azioni mirate, come la riduzione dell’impiego di plastica monouso.


Tra i big player firmatari del Fashion Pact ci sono anche importanti realtà italiane, come: Prada, Ferragamo, Armani e Zegna.


Chi ha già scelto di migliorare i propri processi produttivi adotta strumenti diversi per informare i consumatori del loro impegno ambientale.

L’azienda di abbigliamento Patagonia ha ideato, ad esempio, il “The footprint chronicles”, uno strumento che consente ai consumatori di verificare online – tramite il sito web – l’impatto ambientale di tutti i loro prodotti. La casa italiana Fabiana Filippi, in-forma il pubblico – attraverso una recente intervista pubblicata su Vogue – di aver aderito al programma nazionale carbon footprint.


Carbon Footprint Product: come misurare l’impatto ambientale dell’industria della moda


L’individuazione e la quantificazione delle performance ambientali dei prodotti richiedono processi lunghi e spesso difficili da comprendere. Fortunatamente, negli anni, queste procedure sono state facilitate da linee guida, processi di calcolo comuni e indici specifici.


Tra gli indici più riconosciuti a livello internazionale c’è la Carbon Footprint di prodotto o Carbon Footprint Product (CFP).

La carbon footprint di prodotto è il risultato del calcolo di tutti i gas ad effetto serra emessi durante l’intero ciclo di vita del prodotto. L’approccio di questo indice è infatti denominato “from cradle to grave“, cioè dalla culla alla tomba, in quanto analizza le emissioni prodotte dal momento di approvvigionamento delle risorse a quello di smaltimento finale.


La CFP è espressa in termini di Kg di CO2  equivalente, una misura unica, utile a paragonare l’impatto ambientale di diversi e più prodotti. Il metodo usato per sviluppare le attività di quantificazione, reporting e comunicazione è unico a livello mondiale ed è contenuto nella norma ISO 14067.


Le emissioni di CO2 sono la prima causa del surriscaldamento globale e – di conseguenza – dei cambiamenti climatici. Ciò rende il calcolo della CFP di fondamentale importanza, specie per le imprese di moda che intendono fare della sostenibilità la loro bandiera.


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